Storia
Rocca d’Olgisio è uno dei complessi fortificati più antichi e suggestivi del piacentino, sia per la posizione dominante le valli solcate dai fiumi Tidone e Chiarone, sia per la sua architettura.
Difesa da ben sei cinte murarie, la fortezza poggia su roccia arenaria e integra armoniosamente strutture medievali e rinascimentali. La zona circostante si distingue per la presenza di grotte naturali, ai tempi utilizzate dall’uomo primitivo come luoghi per l’abitazione e per la sepoltura.
Secondo alcune leggende, il castello sarebbe stato fondato nel VI secolo da Giovannato Miles, padre delle Sante Liberata e Faustina. La prima notizia scritta riportante l’esistenza della fortezza risale al 1037, quando alcuni documenti della Curia Vescovile ne attestano la cessione ai monaci di San Savino.
Nel 1378, il feudo venne ceduto da Gian Galeazzo Visconti al cavaliere Jacopo Dal Verme. Tale famiglia ne rimase proprietaria fino a metà Ottocento, salvo brevi periodi di interruzione. Nel 1478, la Rocca subì gravi danni a causa di un violento incendio. Il conte Pietro Dal Verme, sfuggito miracolosamente alle fiamme, morì nel 1485 avvelenato da Ludovico il Moro, il quale concesse Rocca d’Olgisio al genero Galeazzo Sanseverino.
Agli inizi del 1500, i francesi occuparono le città e le fortezze dello stato di Milano. Solo i Dal Verme rifiutarono di riconoscere la sovranità regale sulla rocca. Per questo furono assediati: nonostante la fortezza potesse resistere anche per dieci anni (grazie al buon sistema difensivo e alle derrate alimentari conservate in caso di assedio), il fortilizio cadde in mano nemica per il tradimento di alcuni ufficiali di guardia.
Ripristinata l’autorità imperiale, i Dal Verme conservarono il fortilizio fino all’estinzione della famiglia, avvenuta a metà Ottocento quando Lucrezia Dal Verme sposò Giulio Zileri. Nei passaggi di proprietà successivi la fortezza fu spogliata completamente del proprio mobilio.
Durante la seconda guerra mondiale, la Rocca fu sede del comando della II divisione partigiana di Piacenza. Per questo motivo, subì due attacchi da parte dei tedeschi. Entrambi videro come protagonista il leggendario Giovanni Lazzetti, partigiano conosciuto in zona come Ballonaio, il quale riuscì a respingere i nemici solo al loro primo attacco. La seconda volta, i tedeschi scacciarono i partigiani e fecero crollare alcune parti della fortezza.
Dal 1979, il complesso è di proprietà della famiglia Bengalli, che con notevoli sforzi, un continuo impegno e un attento restauro è riuscita a salvare quello che viene oggi definito il più leggendario e bel castello della provincia.